Rubelli: tessere il legame tra passato e futuro

Testo di Tiziana D'Amico

Potremmo dire di Rubelli che è una di quelle aziende che fa ancora parlare, e bene, di Made in Italy. D’altronde questo marchio veneziano nato nel 1889 tramanda ormai già da cinque generazioni l’arte della produzione tessile per arredamento e contract.

Il legame con la città di Venezia e quello con la tradizione restano estremamente forti, veri e propri tratti distintivi, ma allo stesso tempo non manca la volontà di accettare nuove sfide e di abbracciare un approccio innovativo. Questo anche grazie, banale da ripetere ma quanto mai vero, a quel know-how degli artigiani italiani che tutti ci riconoscono e alla loro capacità di interpretare le richieste dei clienti, mettendosi in gioco e adattandosi.

A conferma di quanto detto, Rubelli ha il cuore della sua produzione nel Comasco con macchinari elettronici di ultimissima generazione, ma ancora custodisce nella sede di Venezia dei telai antichi del Settecento che permettono la preziosa manifattura di velluti haute couture fatti a mano come si faceva un tempo. Qualcuno forse ricorderà il tessuto Punteggiato disegnato da Giò Ponti per l’azienda, o il Rattoppato.

 

Tessuto Punteggiato disegnato da Gio Ponti e prodotto da Rubelli

 

Presentati alla Biennale del 1934, hanno reinterpretato la secolare tecnica del velluto, attualizzandola in serrate sequenze di bolli sfalsati in gradazione di colore o in grafismi che incidono la superficie del velluto. Tecnicamente si tratta di soprarizzi, tessuti ottenuti con l’antica tecnica della cesellatura. Nella pratica consiste in una delicata operazione di taglio con una lametta di alcune parti della superficie, così che velluto tagliato e velluto riccio, ossia non tagliato, si vadano a contrapporre creando un effetto tridimensionale. Piccole opere di maestria che, vista la complessità dell’esecuzione, possono essere prodotte in una dimensione non superiore ai 60 centimetri. Esclusive chicche per i veri intenditori.

 

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